Una successione viene definita “testamentaria” quando si è in presenza di un testamento, ossia un atto giuridico mediante il quale un soggetto esprime le sue ultime volontà su come si debba procedere a ripartire l’eredità (che è composta dai suoi beni, dai crediti che deve ancora riscuotere… ma attenzione anche dai suoi debiti).
I destinatari di una successione si chiamano eredi ed in questo caso prendono anch’essi il suffisso “testamentari” in quanto inclusi nel testamento.
Oltre a loro ci sono gli eredi “legittimari” (che potrebbero anche coincidere con gli eredi testamentari). Si tratta di soggetti speciali individuati dalla legge in quanto si presume che, più di altri, abbiano nella loro vita contribuito alla creazione o alla conservazione del patrimonio che costituisce l’eredità.
Anche qualora non siano stati menzionati nel testamento, gli eredi legittimari hanno sempre diritto ad una quota di eredità chiamata “legittima”. La legittima è una percentuale, stabilita anch’essa dalla legge, del cosiddetto “asse ereditario”.
Quest’ultimo è composto dalla somma tra le donazioni fatte in vita dal soggetto, a cui si aggiungono i beni, i crediti ed i debiti esistenti nel momento del decesso.
Si tratta quindi di elementi esistenti in epoche diverse, il che potrebbe complicare un poco le cose.
Sono considerati eredi legittimari il coniuge ed i figli. In assenza di figli (ma solo in questo caso) vengono inclusi anche i genitori della persona deceduta se sono ancora in vita.
Invece i fratelli e le sorelle non hanno diritto a ricevere alcuna quota legittima. Tuttalpiù sono tenuti in considerazione dalla legge in alcuni casi quando non esiste un testamento.
Nel caso in cui le volontà testamentarie (o le donazioni fatte in vita) pregiudichino i diritti di un erede legittimario, questi può impugnare il testamento (o le donazioni) e far valere i suoi diritti in giudizio per ottenere l’intera quota di legittima che gli spetta, rivalendosi nei confronti degli altri eredi menzionati nel testamento (oppure nei confronti dei donatari) che hanno ricevuto beni in eccedenza.
Questa attività prende il nome di “azione di riduzione” proprio perché il giudice, una volta accertato il pregiudizio (ricordo al proposito che l’onere della prova spetta a chi vuol far valere i propri diritti), dispone che venga ridotta la quota di chi ha ricevuto di più e venga riconosciuta a chi ha ricevuto di meno. Un diritto può essere esercitato entro 10 anni dall’apertura della successione.
Un erede legittimario può rinunciare all’esercizio dell’azione di riduzione (prima che siano trascorsi 10 anni) ma la rinuncia affinché sia valida deve essere proclamata dopo la morte del testatore.
La rinuncia potrebbe tornare utile per preservare la serenità di tutti i soggetti interessati qualora chi ha ricevuto di meno non si è opposto al momento dell’apertura della successione, per evitare che abbia ripensamenti nel corso dei 10 anni successivi.
In assenza di testamento una successione prende il suffisso di “legittima” in quanto è demandato alla legge il compito di definire come ripartire l’eredità (quindi, per evitare che si faccia confusione, esiste la successione legittima che è quella senza un testamento. Esiste la quota di legittima che invece è la parte di eredità che spetta agli eredi legittimari e che non può mai essere pregiudicata da un testamento o dalle donazioni fatte in vita).
In assenza di testamento gli eredi vengono identificati esclusivamente dalla legge e vengono definiti “legittimi”. Anche le modalità di assegnazione dell’eredità vengono stabilite dalla legge (come vedremo in seguito).
La successione testamentaria si fonda quindi sul testamento.
Chiunque può fare testamento nel corso della propria vita, purché sia capace di intendere e di volere nel momento in cui lo redige (motivo per cui un notaio, in qualità di pubblico ufficiale, si preoccupa di verificare anticipatamente attraverso domande o diagnosi mediche la lucidità di mente della persona che ha di fronte, specie se è particolarmente anziana).
Non esiste alcun limite al numero di testamenti che ciascuno può fare durante la propria vita.
Un testamento può essere sempre modificato, revocato o annullato dal testatore e qualsiasi clausola inserita in un testamento che limiti questa facoltà è considerata nulla (quindi è come se non esistesse).
Nel caso il medesimo bene venga trattato diversamente in più testamenti, prevale la volontà espressa nell’atto più recente. Ecco il motivo per cui è fondamentale che sia chiaramente indicata la data su ogni testamento.
Le principali differenze tra una successione in cui è presente un testamento (testamentaria), rispetto alla stessa successione priva di testamento (legittima) sono da ricercarsi:
Andiamo per ordine. In assenza di testamento è la legge che definisce a priori che erediterà. Questa circostanza potrebbe da un lato escludere dei soggetti che invece si vorrebbero fare rientrare.
È il caso delle coppie di fatto dove il/la compagno/a viene escluso/a ed in assenza di figli ereditano tutto i genitori o i fratelli/sorelle, mentre in presenza di figli anche se minori il patrimonio spetta tutto a loro.
È altresì il caso del/della nonno/a che desidera lasciare una somma ai nipoti, oppure quello di chi desidera fare un lascito ad una associazione benefica.
Esiste anche la situazione opposta dove, sempre in assenza di testamento, la legge prevede che ereditino delle persone a cui non spetta alcuna quota di legittima e che magari non si ritengono meritevoli o semplicemente non si vorrebbero fare rientrare.
Questa è la tipica situazione dei coniugi anziani e senza figli per cui il coniuge superstite si troverà suo malgrado costretto a spartire l’eredità, inclusa l’abitazione principale, con tutti i fratelli e le sorelle del coniuge deceduto.
Per quanto riguarda il valore che deve essere assegnato a ciascun erede mi limito a segnalare che la successione legittima prevede delle distribuzioni secondo un principio di equità economica che evidentemente non può tenere conto dei singoli casi e del vissuto personale. Per cui se in famiglia è presente un soggetto debole (che non sta a significare per forza che sia malato o disabile, ma potrebbe riguardare anche uno stato di precarietà o fragilità economica), un modo per fargli pervenire un ammontare superiore agli altri per aiutarlo è fare testamento (non è l’unico strumento utilizzabile a tal fine perché il medesimo risultato potrebbe essere ottenuto designandolo beneficiario in una polizza sulla vita).
Ma le differenze maggiori tra le successioni con testamento (che secondo le statistiche nazionali rappresentano solo l’8% dei casi) rispetto a quelle che ne sono prive (la stragrande maggioranza) riguarda il terzo punto, ovvero il modo con cui il patrimonio viene assegnato agli eredi.
La questione è molto semplice: nelle successioni legittime i beni indivisibili vengono assegnati sempre e solo in “comunione ereditaria”, mentre nella successione testamentaria è possibile evitare che questo avvenga.
Questione non di poco conto perché, pensando a tutte le proprietà immobiliari (indivisibili) che le famiglie italiane detengono, tra una situazione in cui gli eredi si ritrovano magari controvoglia ad essere comproprietari (e quindi nel bene e nel male dovranno mettersi d’accordo ogni volta che ci sarà da prendere una qualsiasi decisione) e quella in cui invece ognuno risulta essere solo ed unico proprietario di un bene, c’è una enorme differenza.
Tutti hanno ben chiaro il testamento fatto alla presenza di un notaio, circostanza che prende il nome di “testamento pubblico” perché viene fatto alla presenza di due testimoni (non si tratta dei testimoni di nozze, anche degli sconosciuti possono risultare utili a questo fine dichiarando nell’atto del testamento notarile che erano presenti all’atto, hanno udito quello che ha dichiarato il testatore al notaio e che coincide con quanto riportato nell’atto di testamento).
Esiste anche un’altra forma di testamento poco conosciuta e pertanto anche poco praticata che prende il nome di “testamento segreto”. Può essere scritto anche da terzi (magari a causa del fatto che il testatore, sebbene capace di intendere e di volere, si trova impossibilitato a scrivere perché infermo e quindi dietro dettatura comunica le sue volontà a qualcuno), ammette anche l’utilizzo di mezzi meccanici (macchina da scrivere o computer) e viene solo sottoscritto dal testatore. Una volta sigillato viene consegnato ad un notaio che ne redige verbale di ricevimento.
Entrambe queste modalità hanno il vantaggio di avvalersi di un pubblico ufficiale che diventa automaticamente garante delle volontà testamentarie, chiaramente prevedono però dei costi dovuti alle parcelle notarili.
Per fortuna è anche possibile redigere testamenti (quanti se ne desidera) senza dover spendere un centesimo attraverso una terza modalità: quella del “testamento chirografario”. Prende questo nome il testamento scritto di pugno dal testatore, datato e sottoscritto (mi raccomando, pena la nullità). Basta quindi un foglio di carta ed una penna per farlo, l’importante però è farlo bene, stando attenti a non pregiudicare le quote di legittima.
Il testamento orale non è ammesso dal nostro ordinamento giuridico.
La successione testamentaria si apre con la morte del testatore. Solo in quel momento si dà esecuzione alle volontà espresse nel/nei testamento/i (che ricordo fino ad un momento prima del decesso possono sempre essere modificati, annullati o sostituiti).
In presenza di testamenti olografi la legge impone a chiunque li trovi o li detenga in custodia, non appena venuti a conoscenza della morte del testatore, di consegnarli ad un notaio per la pubblicazione.
Il problema non sussiste in caso di testamento pubblico o segreto perché in entrambi i casi sono già stati depositati presso un notaio.
Si tenga presente che nascondere, distruggere o falsificare un testamento è un reato perseguibile penalmente.
In caso di testamento olografo può essere consigliabile redigerne più originali (tutti scritti di pugno dal testatore in quanto le copie fotostatiche non sono ritenute valide) e consegnarle in deposito a persone diverse, che non possono accordarsi tra loro e di cui si ha stima e fiducia, con l’incarico di esibirli in caso di decesso. Tra questi soggetti ci possono essere professionisti come il commercialista (che almeno una volta l’anno, in occasione delle scadenze fiscali, si preoccupa di verificare se un cliente è ancora in vita) ed anche il consulente finanziario (che anch’esso ha occasioni di incontro con i propri clienti più o meno frequenti).
Per contro, nascondere troppo bene una sola copia di testamento olografo potrebbe risultare controproducente.
Invece come si fa a sapere se una persona deceduta durante la sua vita ha predisposto un testamento pubblico o segreto a noi sconosciuto, magari menzionandoci tra gli eredi?
E’ il famoso caso dello zio ricco rientrato dall’America.
In queste situazioni basta recarsi presso un qualsiasi notaio ed incaricarlo di fare una ricerca nel Registro Generale dei Testamenti presso l’Ufficio Centrale degli Archivi Notarili di Roma.
La successione testamentaria permette di evitare alcune situazioni tipiche della successione legittima che spesso si rivelano critiche o quantomeno costose.
Mi riferisco in particolare alla già menzionata “comunione ereditaria” che ricordo si viene a configurare ogniqualvolta un bene indivisibile viene destinato in eredità a favore di più soggetti.
Infatti non ci sono mai problemi nella suddivisione dei risparmi, degli investimenti in banca, dei depositi e dei conti correnti poiché vengono trasformati in denaro che è sempre divisibile.
Lo stesso non si può dire per gli immobili (abitazioni, fabbricati, terreni, negozi, ecc…).
Facciamo l’esempio di un genitore che ha 3 case e 3 figli. Senza testamento la legge definisce che i 3 figli ereditino in parti uguali (di per sé è molto salomonico ed equo), ma in comunione ereditaria. Questo sta a significare che ciascuna abitazione sarà intestata a tutti e 3 gli eredi, ma anche che ogni erede non è proprietario del 100% di nessuna casa.
Nel tempo questa situazione facilmente porterà ad accese discussioni familiari quando si tratterà di assumere delle decisioni relative alle spese da affrontare (per riparazioni o migliorie), oppure alla destinazione da dare (utilizzarla per sé, affittarla o venderla) ed anche qualora uno degli eredi si dovesse dichiarare disposto ad acquistare le quote degli altri, ci sarebbe da discutere non poco sul prezzo (normalmente chi compra vuole pagare il meno possibile e chi vende incassare il massimo) e comunque andare incontro ad altre imposte e spese notarili (infatti anche se ciò avvenisse contestualmente alla successione, bisogna fare una atto di compravendita distinto).
Se quel genitore avesse indicato in un testamento (anche olografo, su un pezzo di carta da lui scritto, datato e firmato) la volontà di lasciare a ciascun figlio una casa, con esatta indicazione di chi riceverà e cosa riceverà, questi problemi sarebbero immediatamente e definitivamente superati.
L’importante è evitare di ledere la quota di legittima degli eredi legittimari (i figli lo sono) e quindi prestare attenzione al valore dei beni assegnati mediante testamento o donazione. Per ripristinare la legittima basta opportunamente conguagliare le somme mediante l’assegnazione di altri beni o valori che si hanno a disposizione.
Si tenga presente che il principio di equità economica (l’unico utilizzabile dalla legge) non è detto che porti sempre alle soluzioni migliori per chi riceve. Il fatto che tutti ricevano in egual misura non è garanzia di pace e serenità tra gli aventi diritto.
Le storie delle famiglie italiane (e non solo italiane presumo) sono piene di situazioni di disuguaglianze tra i figli, spesso frutto di donazioni avvenute attraverso il mero trasferimento di contante e senza essere mai state registrate (mi riferisco a somme cospicue di denaro donate ad esempio per avviare un’attività , oppure per acquistare beni di ingente valore come gioielli, auto, case, alto collezionismo, ecc…), che potrebbero essere sanate attraverso una oculata pianificazione successoria, la quale passa anche attraverso la redazione di un testamento.
Avvalersi di un esperto per farsi guidare nella predisposizione di una corretta pianificazione successoria equivale a fare un investimento molto fruttuoso, perché con una piccola spesa oggi si evitano tante problematiche molto costose domani.
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